Me 2.0

Da qualche tempo mi sono appassionato alle forme organizzative emergenti nell’epoca della condivisione in Rete, le cosiddette “organizzazioni a stella marina“, per usare la metafora usata da Ori Brofman e Rod A. Brekstorm su www.starfishandspider.com.

Queste organizzazioni si caratterizzano sostanzialmente per una diffusione “a frattale” del potere decisionale e quindi per l’assenza di una emanazione dello stesso per via gerarchica.

La loro forza sta nella straordinaria adattabilità, flessibilità e resilienza, ma anche nella capacità di mettere a serio rischio le organizzazioni tradizionali.

Quest’ultime – denominate “a ragno” dagli autori per la presenza di un “sistema nervoso centralizzato” – si ritrovano spesso incapaci di affrontare  competitivamente le “stelle marine” secondo schemi tradizionali, come accaduto per le industrie discografiche verso lo scambio peer to peer dei file musicali.

Esempi di queste organizzazioni sono Wikipedia, ma anche, appunto, Emule o i progetti collaborativi Open Source.

L’ aspetto più innovativo di queste organizzazioni risiede nella motivazione intrinseca dei loro membri che è al massimo.

In generale non sono necessari nè benefit, nè altri ritorni materiali diretti per ottenere un impegno straordinario dai membri di queste organizzazioni verso gli obiettivi che le animano: le persone sono ampiamente motivate nell’applicarsi in qualcosa in cui si sentono particolarmente capaci,  nell’indipendenza che li caratterizza, ma soprattutto nel fatto che contribuiscono ad accrescere un valore più ampio che in parte sentono come proprio, come ha ben illustrato Daniel Pink nel suo eccellente “Drive”.

Tuttavia, queste organizzazioni hanno anche un limite intrinseco: spesso non producono profitti direttamente collegati alle proprie attività. Se si vuole determinare un ROI del loro operato, lo si deve cercare nel “ritorno sulla socialità”, ovvero nel valore aggiunto che portano alla società nel suo complesso, o in parti di essa.

Ciò è evidente, come già detto, nel caso di Wikipedia o nello sviluppo di software Open Source, ma anche, secondo certe forme di pensiero, nello scambio P2P di file musicali.

E’ forse per questo motivo che i divertenti schemi organizzativi apparsi su Bonkers World e realizzati da Manu Cornet mostrano, escluso il caso di Facebook, che a mio avviso non rappresenta adeguatamente la realtà dell’azienda di Palo Alto, una più o meno forte struttura gerarchica che viene emanata da un soggetto, diverso da caso a caso.

Ha quindi probabilmente ragione l’amico e filosofo pop Franco Bolelli, nell’articolo apparso nella sua rubrica su Tiscali, ad identificare nell’ambizione di uno o più singoli la spinta principale all’eccellenza creativa che porta allo sviluppo di idee imprenditoriali di successo.

Fino alla comparsa della prossima stella marina.

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Luca Isabella, INNEXTA | Digital Strategy

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