Italia e internet Economy: una necessità per la crescita del nostro Paese.

Gli ultimi provvedimenti varati dal Governo Tecnico, come il  Decreto crescita con al suo interno l’Agenda Digitale, dovranno trovare certamente efficace attuazione nelle azioni politiche della futura maggioranza che si appresta a governare. E’ proprio rispetto a questa emergenza che è intervenuta Confindustria Digitale, la neonata  Federazione industriale,  – che oggi conta 350 imprese per un fatturato di oltre 75.000 euro –  nata con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dell’economia digitale, a beneficio della concorrenza e dell’innovazione del Paese. L’Associazione ha lanciato un vero e proprio appello ai candidati premier perché  l’Agenda Digitale entri a pieno titolo come tema della campagna elettorale in corso, prevedendo e schedulando azioni che, una volta insediatosi il nuovo Governo, possano essere subito attuabili.

“Davanti ad un’innegabile “bisogno di internet” che il nostro Paese ha – come con forza sostiene il Presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi –  è necessario fare dei rapidi passi avanti per stare al passo col resto d’Europa sia da un punto di vista pubblico che privato”. Leggevo addirittura che se una famiglia utilizzasse internet per la maggior parte degli acquisti (dai vestiti ai bene accessori) avrebbe un risparmio medio di circa 2000 euro all’anno, guadagnandone anche in termini di comodità e velocità.

Dunque, se l’internet economy rappresenta il trampolino di lancio per iniziare a parlare concretamente di crescita, i detentori di questa responsabilità siamo proprio noi giovani imprenditori, coloro che , nonostante le mille difficoltà che il nostro Paese propone, abbiamo ancora il coraggio e la voglia di “rischiare”. D’altra parte come dimostrano diversi studi e ricerche condotti sul tema, mi sembra importante sottolineare che  sono proprio le startup innovative oggi l’unica risorsa in grado di creare posti di lavoro: ma l’Italia, anche in questo caso, è indietro. Abbiamo ora l’opportunità di cambiare, approfittando del grande movimento elettorale che culminerà con l’appuntamento tanto atteso del prossimo fine settimana. Ma serve che, chi si troverà a gestire queste grandi responsabilità che sono l’Italia e gli italiani, lo faccia nel rispetto dei bisogni e delle necessità: crescere in prima battuta.

A fronte di un evidente stato di riconoscimento dello stato di emergenza in cui versiamo, è con grande interesse che notavo il grande coinvolgimento di istituzioni e non ad adoprarsi con proposte concrete che possano arrivare ai nostri politici: gli argomenti in assoluto comuni a tutti? Più spazio alle startup e misure forti che favoriscano la digitalizzazione dell’Italia. Da un lato le celebri sei proposte di Confindustria Digitale, che hanno  “colpito il cuore” della maggioranza dei candidati: switch off della PA, sviluppo della domanda privata, investimenti infrastrutturali, ecosistema internet, venture capital e formazione dei lavoratori incontrano le riflessioni di un giovane imprenditore che, come me, aveva un sogno ma ha creduto che per poterlo realizzare dovesse provarci in Silicon Valley.

Proprio avendo avuto la possibilità di interfacciarsi con altri ecosistemi che mettono le startup al centro del tema politico e dell’opinione pubblica, questo start upper 26enne oggi a capo di una startup innovativa , Betable, che ha raccolto ormai decine di milioni di dollari in poco tempo innovativa offre una riflessione distaccata e realistica sul panorama economico Italiano, che ritengo valga la pena ripercorrere. Avanza  una rosa di  proposte concrete che cadono a pennello in un momento in cui vanno “sensibilizzati” gli animi di chi avrà la responsabilità politica e morale di far risollevare il nostro Paese.

Alcuni esempi? Si parte con l’osservazione sull’assenza di capitali di crescita: oltreoceano se ne raccolgono decine di milioni, in Italia assolutamente no:  perché allora non istituire un fondo di fondi per private equity e venture capital?  E ancora. La burocrazia e i veicoli societari che, per sveltire ogni processo – anche quello notarile – dovrebbero essere al passo coi tempi, sul modello anglosassone. Per non parlare della tassazione sul lavoro che in Italia ha dei livelli folli: perché il nostro Paese inizi a diventare più competitivo e a rimettere in circolo il lavoro è necessario sgravare chi effettivamente genera valore e crescita e chi si appresta a farlo, come gli start upper sempre aggrediti  e bloccati da mille cavilli economici e burocratici.

E che dire della flessibilità sul lavoro? Agli Italiani fa paura, e questo dipende da una cattiva gestione della stessa:  gli ammortizzatori sociali, per dirne una, dovrebbero essere naturalmente  a carico dello stato e non delle aziende”. Ultima ma non meno importante difficoltà l’Università, primo step per l’ingresso nel mondo del lavoro giovanile. In Italia i giovani si laureano in media tra i 27 e i 28 anni senza alcuna esperienza: in America a quell’età hanno già almeno 5-6 anni di “gavetta” alle spalle. Una soluzione utile potrebbe stare in una nuova tipologia di laurea combinata di 4 anni  che fornisca in un primo step una formazione canonica su ambiti base imprescindibili (economia manageriale, hr, management, imprenditoria) e in un secondo momento una formazione specialistica a scelta. Nel corso degli studi essenziale seguire un progetto pratico che permetta agli studenti di assaporare da subito il contatto col mondo del lavoro.

A vedere ciò che accade oltreoceano è innegabile, per uno start upper quale io stesso ho deciso di essere, provare un po’ di invidia pensando alla semplicità con la quale altrove è possibile dedicarsi alla costruzione di un proprio progetto imprenditoriale. D’altra parte se ognuno di noi decidesse di non investire in Italia, davvero si perderebbe ogni speranza di poter ripartire. Di nostro, guardandoci attorno e non perdendo mai di vista l’obiettivo, continuiamo a correre questo rischio ma affianchiamo con forza quanti, come Confindustria Digitale e tanti altri giovani imprenditori come me, si battono perché in primis la politica capisca che l’internet economy, l’innovazione, la rete rappresentano un’opportunità che, il nostro Paese, non può permettersi di non coltivare.

Jacopo Moschini – Founder and General Manager MyChicJungle

 

 

 

 

 

 

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