Nell’articolo precedente ho raccontato di un esperimento di online learning che ho intrapreso negli ultimi mesi.
La domanda fondamentale è ma si impara qualcosa? Si, si impara. Non chiedetemi di parlarvi in tedesco, anche perchè PGM mi ha rubato molto del tempo a disposizione, di certo mi sono costruito un minimo di vocabolario e di basi grammaticali. La pratica e la memorizzazione sono tutto e il meccanismo degli esercizi e delle traduzioni funziona bene. Avverto la differenza rispetto al mio precedente tentativo di quasi vent’anni fa. Pure da PGM sto imparando. Come con qualsiasi corso universitario, alla fine non saprà fare davvero quasi nulla di quello che avrà studiato, ma almeno si tratta di un corso molto più pratico di tutti quelli che feci durante i miei studi di laurea, in particolare avendo il tempo di fare tutti gli esercizi di programmazione richiesti nell’arco della settimana (dura per chi lavora). In tutti i casi cambia il modo di studiare. Non si è seduti ad un banco e non si prendono appunti. Sui forum di Coursera qualcuno dice di farlo ma come si fa quando si studia in metropolitana (video sul telefono e auricolari) o a colazione, pranzo o cena? Inoltre si può tornare a vedere un video o a leggere le slide mentre si risponde ai quiz, o googlare su Wikipedia, ma non si può copiare perchè c’è un codice d’onore su cui Stanford giustamente insiste. Affianco a Duolingo tab a Wiktionary e a dict.cc, oltre ad usare un’estensione del browser che mi dà le traduzioni delle parole evidenziate col mouse. Tutto aiuta ad imparare.
Altra domanda importante, servirà a trovar lavoro? Scommetto di sì, ma non subito. Prima bisognerà che le aziende si abituino a valutare le competenze (e servono gli strumenti per misurarle) e non dove sono state acquisite. Ci vorranno anni perchè si superi il pregiudizio verso la conoscenza acquisita in canali non tradizionali, in particolare in Italia che non è un ambiente noto per la dinamicità . Nomi riconoscibili come quelli delle grandi università americane potrebbero fare da apripista.
Ma tanto per dare un assaggio di quello che ci aspetta negli anni a venire, ecco uno scambio di opinioni su un forum tra studenti dei corsi di Stanford su Coursera e di Udacity.
[studente 1] One addition: the lectures for the CS101 course [di Udacity] are far more engaging than the SaaS course at Coursera. The algorithm course at coursera, however, has strong lectures and an engaging professor.
[studente 2] YEAH! The algorithm guy is awesome!!
[studente 3] The algorithm class is pretty awesome, for sure. Any chance that Udacity can steal him? 🙂 [corsivo mio]
La concorrenza si preannuncia molto infuocata perchè non c’è il prerequisito di un investimento a lungo termine (trasloco, amicizie da ricostruire, famiglia lontana, etc) che malgrado tutto fidelizza con l’università che si è deciso di andare a frequentare per cinque o sei anni a ore o anche giorni di distanza da casa. Qui si può cambiare corso da un momento all’altro stando comodi sul divano e seguire corsi di università diverse. La previsione è che come sempre è avvenuto su Internet rimarranno tre o quattro grossi player e chi nascerà dedicato al nuovo medium avrà un vantaggio sugli incumbent. Da questo punto di vista Udacity e KhanAcademy hanno maggiori probabilità di MITx e dei singoli fornitori di Coursera. Coursera potrebbe diventare una sorta di Google News dell’educazione.
L’asset che hanno le università attuali è il prestigio del nome che vale come garanzia della qualità dello studente (penso soprattutto alle americane) e nel caso italiano il valore legale del titolo di studio che rilasciano. Di qui a vent’anni però, se l’online sfonderà davvero, questi asset varranno assai di meno e le grandi università potrebbero trovarsi nel ruolo dei giornali di carta rispetto all’informazione su web: la producono anche loro, ma sono stati frammentati in singoli articoli spesso letti tramite contenitori di terze parti e i brand che conoscevamo stanno diventando delle commodity. Il pericolo per le università è stato anticipato da lungo tempo (si veda questo articolo del 2003) e vedremo quali misure prenderanno per scongiurarlo ma la storia insegna che gli incumbent non si adattano bene ai cambiamenti.
E se qualcuno volesse farsi il proprio sistema di e-learning che strumenti ha a disposizione? Penso sia alle scuole, pubbliche e private, che alle aziende che vogliano addestrare i propri clienti all’uso o all’installazione dei propri prodotti. Lo vedremo in un prossimo articolo.
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Paolo Montrasio
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