L’impatto sociale della reputation

Quando scrivo di linguaggi digitali, troppo spesso e troppo volentieri mi trovo a parlare di off-line.

Se parlo di reputation, quindi, non parlo di un coefficiente di indicizzazione, ma di un valore sociale riscontrabile anche negli ambienti più “analogici” del nostro vivere quotidiano.

La manovra economica del governo Monti ne è una dimostrazione lampante.

Il nuovo Presidente del Consiglio interviene nella vita del paese e dell’Europa, con un iter dal profilo inevitabilmente vessatorio per segmenti di società già fortemente penalizzati dalla crisi economica.

Nel complesso, tuttavia, sondaggi di diversa provenienza evidenziano una sobrietà nella reazione popolare decisamente superiorie a quanto l’impatto sociale della manovra potesse far prevedere. Nessun governo “politico” avrebbe saputo assorbire scelte così gravose, senza scatenare l’opinione pubblica.

Questa apparente anomalia si chiama “reputation“, valore indiscusso che ha guidato la scelta del Presidente della Repubblica nella nomina di Monti.

Valore che:
– Incide già sulla governabilità senza bisogno di una campagna di comunicazione.
– Ha un rating (i mercati sono il “motore” su cui si indicizza).
– Quando crea dissenso, lo fa attraverso “conversazioni”: non viene odiato, ma contestato entro le community che si sentono in maggiore dissenso (ad esempio le parti sociali), chiamandolo alla necessità di risposta e non di difesa oltranzista.

Il mio sembra un gioco: “racconta la realtà attraverso la metafora della rete”.
Non lo è. La rete è a tutti gli effetti il nostro nuovo modello sociale.

Le sue prassi di comunicazione sono l’unica via per non mandare in stallo il rapporto fra le istituzioni ed il popolo che le elegge.

 

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Marco Fornaro, Presenza Online

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